La Via del Sale su Italia 1
Reportage di Beppe Gandolfo su Studio Aperto Mag sulla via del Sale, con la partecipazione di Gianni Amerio e Dario Corradino (dal minuto 14,35).
medico oculista, narratore di cammini
Reportage di Beppe Gandolfo su Studio Aperto Mag sulla via del Sale, con la partecipazione di Gianni Amerio e Dario Corradino (dal minuto 14,35).
Quando ci sali, prima o poi scopri che il Marguareis sono tre montagne.
La prima è quella che puoi vedere e anche amare perdutamente dopo un giorno soltanto.
Per conoscere la seconda, la montagna buia che le sta nel cuore, ci vuole del tempo, e Tempo si chiama chi l’ha progettata.
La terza sta oltre la seconda e di lei si sa soltanto che non la conosce nessuno.
(Andrea Gobetti, L’ombra del tempo)
Un viaggio inaspettato dove le Alpi incontrano il mare, un anello di cinque giorni attorno alle due più alte cime dei monti Liguri: il Marguareis e il Mongioie. È la proposta contenuta in questa guida, per scoprire un territorio sede di Parco Naturale, che protegge, complice un microclima speciale, un patrimonio floristico di eccezionale valenza, con molte specie botaniche rare, e una nutrita fauna selvatica. Ma è il particolare ambiente carsico che rende accattivanti e indimenticabili i luoghi, con bianche rocce scolpite dall’acqua, doline, inghiottitoi, laghi effimeri. E poi ciò che non vediamo, nascosto al suo interno, sotto la superficie: un’intricata rete di corsi d’acqua, laghi sotterranei, sifoni, origine di cascate che solo per pochi giorni all’anno sgorgano tra le rocce, come per magia.
Cinque giorni sostando in accoglienti rifugi, sempre lontani da centri abitati, tra boschi incantati, pascoli d’altura, vette dal sapore dolomitico. Un viaggio che trasporta in epoche remote, in un territorio ancora non toccato dal turismo di massa. Una cavalcata tra vallate incontaminate, passi e vette panoramiche, dove lo sguardo spazia dal mare ai ghiacciai del Rosa.
Perché il Giro del Marguareis:
Breve o lungo che sia, ogni cammino regala sensazioni ed emozioni uniche, che alla fine premiano sempre le fatiche e l’impegno dedicati all’impresa. Ma cosa succede se un cammino si decide di inventarlo? Queste pagine sono il racconto in chiave umoristica delle difficoltà pratiche e burocratiche legate alla progettazione, all’esplorazione, alla tracciatura, alla promozione e al riconoscimento ufficiale di un Cammino esistente e praticato da centinaia di persone: AltraVia, un percorso che conduce a piedi (o in bicicletta) da Torino a Savona attraverso territori patrimonio dell’Unesco come Monferrato e Langhe. Gianni Amerio e Dario Corradino, esperti conoscitori di cammini italiani e non, allargano l’orizzonte sul fantastico mondo dell’escursionismo, delineando pregi, difetti e stereotipi dei camminatori, dell’attrezzatura, degli animali, dei cibi e di tutto l’armamentario collegato al piacere (e alla moda) del camminare. Perché anche in questo campo prendersi troppo sul serio rende l’impresa più difficile, e un sorriso ogni tanto, anche nel bel mezzo di una fatica lunga molti chilometri, aiuta a sopportare meglio il peso dello zaino.
Gianni Amerio, Dario Corradino – COME INVENTARE UN CAMMINO (E ROVINARSI LA VITA) – Edizioni dei Cammini
29 febbraio 2024 – Quattro chiacchiere sui cammini e AltraVia
Ai piedi della vertiginosa parete nord del Marguareis, si erge il rifugio Garelli, situato a Pian del Lupo, quota 1970 mt. In estate posto tappa della Grande Traversata delle Alpi, del Sentiero Italia e del Giro del Marguareis, rappresenta anche un’ottima meta invernale con le ciaspole o gli sci, se le condizioni lo permettono. Una splendida gita invernale nel cuore del Parco del Marguareis.
Ci sono tanti modi con cui guardare negli occhi una persona.
Per chi, come me, ha scelto di farlo per professione, il 13 dicembre è una ricorrenza un pò speciale, dedicata alla santa protettrice della vista, Lucia di Siracusa. Lux, la luce, è il termine da cui deriva il suo nome, e la si venera non a caso nel giorno più buio dell’anno, come amavano ricordare i nostri anziani “Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia”.
A lei, uno dei nostri più amati cantautori (o, perlomeno, da quelli della mia generazione), Francesco de Gregori, dedicò 46 anni fa una canzone, che resta la più poetica e, per questo, attuale del suo vasto repertorio.
La Val Sangone è una delle aree a maggior rischio sismico delle Alpi Occidentali, anche se per intensità e frequenza dei fenomeni non paragonabile a territori dell’Italia centrale e meridionale.
Testimonianza di remoti episodi tellurici è una particolare formazione rocciosa appartenente alla Rocca del Gias, nel Vallone del Sangonetto.
La Rocca del Gias è un curioso blocco di gneiss occhiadino discostato dalla parete rocciosa di circa 0,5 m che fa capolino sul sentiero sottostante. La leggenda vuole che il masso, trasportato dal biblico Sansone, sia lì a custodire un grande tesoro. Dal sentiero la rocca si presenta in tutta la sua maestosità come un grosso trapezoide, alto circa 3 m e largo alla base circa 2 m. La sua particolare posizione strutturale e morfologica nel contesto di un’area sismicamente attiva, abbinata alla sua caratteristica traslazione orizzontale rispetto al resto del versante roccioso, permette di ipotizzare che la sua attuale posizione sia da imputarsi ad eventi sismici. Tutta la Val Sangone è compresa all’interno della più importante zona sismica delle Alpi Occidentali, definita “”zona sismica del Pinerolese”” per il fatto che i maggiori terremoti di cui si abbia notizia storica in Piemonte e le più frequenti scosse sismiche rilevate per via strumentale sono concentrati nell’area pedemontana di Pinerolo e nelle valli limitrofe. Sia sul masso della Rocca del Gias che sulla parete rocciosa è possibile riconoscere una serie di forme di modellamento legate a distinti processi erosivi e/o a discontinuità di tipo geologico-strutturale, tutte antecedenti alla rotazione del masso. Da un esame attento delle strutture geologiche e delle forme di modellamento, nonché dei loro rapporti geometrici visibili sulle facce del masso e sulla parete rocciosa, è possibile ricostruire un’ipotesi di evoluzione cronologica che ha portato all’attuale configurazione della Rocca del Gias.
(da https://geoparc-alpescottiennes.eu/it/rocca-del-gias)
Il (quasi sconosciuto) lago del Gran Miuls si trova in una isolata conca sopra Pragelato, sovrastata della mole del monte Gran Miuls (mt. 2969) e della Punta Vallonetto (mt. 2785), che la separano dalla testa del vallone di Massello della Val Germanasca.
Itinerario poco o per nulla frequentato, ma che permette di raggiungere un vasto ambiente montano dal fascino selvaggio, frequentato da camosci e marmotte. L’ultimo tratto dell’itinerario si svolge al di fuori di sentieri tracciati, con difficoltà di orientamento in caso di scarsa visibilità.
Salita lunga e faticosa fino al bivacco Sigot, poi più diluita. Itinerario molto panoramico, che non presenta particolari difficoltà tecniche. Non sono presenti fontane, ma alcuni corsi d’acqua (da purificare). Vista a 360° dalla cima.
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Lasciata l’auto al termine dell’asfalto, prima del ponte che conduce A Grange della Valle (1796 mt), si passa accanto alla colonia alpina Viberti, per arrivare al rifugio Levi-Molinari (1854 mt). Da qui, si prende a salire lungo il sentiero che costeggia in alcuni tratti un ruscelletto, per poi prendere a salire in maniera decisa con ripidi tornanti nel bosco, che via via si dirada.
Lasciata sulla sinistra la deviazione che conduce al monte Chabriere, si prosegue nella salita fino ad arrivare a fiancheggiare la Coma delle Monache (2567 mt), con a destra l’omonimo lago (o quel che ne rimane).
Dopo una breve discesa, il sentiero riprende a salire ai piedi di un costone sormontato da tre caratteristiche aguzzi torrioni, proseguendo poi a mezzacosta con scorci di quello che resta di un vecchio ghiacciaio sulla sinistra. Un’ulteriore ripida salita conduce al bordo di un’ampia conca, dove si trova il bivacco intitolato a Mario Sigot, un alpinista deceduto nell’inverno del 1994 nel corso di una salita alla Grand’Hoche (1910 mt). Da qui la vista spazia sulla media e bassa val di Susa, fino alla collina di Torino. Sulla destra la cima Sommeiller, a fianco di due guglie.
Si prosegue in falsopiano lungo l’ampio vallone detritico, un tempo occupato dal ghiacciaio, di cui restano solo ancuni nevai e l’invaso del lago Galabra. Passati accanto a vecchi baraccamenti militari, in un’ambiente lunare, si sale fino al Passo Medidionale dei Fourneaux (3060 mt). Da qui si procede in cresta attraverso sfasciumi ed eterogenei affioramenti rocciosi, con vista ampia, che spazia a sinistra sul vallone di Rochemolles. Lasciato il passo Settentrionale dei Fourneaux (3159 mt), si arriva agevolmente in cima (3333 mt), dove si trova un punto trigonometrico e un’anfratto in cui è situata una piccola statua della Madonna, che offre un minimo riparo in caso di forti venti.
In direzione nord, sul versante francese, vista sul ghiacciaio del Sommeiller, d’Ambin e Ferrant, ai piedi del Monte Niblè.
Ritorno per il medesimo itinerario della salita.
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