Penso che tutti conoscano, almeno nominalmente, l’intervento di cataratta, dove si asporta una delle due lenti di cui è dotato l’occhio: il cristallino (l’altra lente è la cornea). Al suo posto si impianta una protesi: il cristallino artificiale.
Ma pochi sanno che il cristallino è una specie di fossile vivente. Questa lente biologica, per essere trasparente, possiede unità disposte regolarmente con minimi spazi tra l’una e l’altra. Ma siccome è abbastanza spesso, le cellule che lo compongono, per permettere il passaggio della luce, devono perdere i loro organuli interni. Così: via nucleo, mitocondri, reticolo endoplasmatico, ribosomi, tutti ostacoli! Ne deriva però un disdicevole inconveniente: le cellule così non possono più riprodursi, e neanche sintetizzare nuove proteine. Diventano in sostanza dei fossili viventi e le sostanze contenute al loro interno rimangono tali per tutti gli anni di vita di una persona.
Quando per l’invecchiamento o altri motivi il cristallino perde la sua trasparenza, compare quella che viene chiamata cataratta. E così, quando un chirurgo asporta il nostro cristallino durante l’intervento, ci priva di un souvenir della nostra prima infanzia!
La cataratta era già conosciuta dagli antichi Egizi, che avevano anche escogitato un modo per risolvere il problema: la reclinatio. In poche parole, con uno spillone piantato nell’occhio del paziente (doveva esserlo molto!) si spingeva il cristallino fino a farlo cadere all’interno del vitreo, la gelatina che riempie l’occhio, liberando così il passaggio della luce all’interno. Posso assicurare che i metodi moderni sono più accurati e meno fastidiosi.